La settimana scorsa ho finalmente terminato e pubblicato “La Bretagna a fumetti”, il mio nuovo diario di viaggio a fumetti. La lavorazione è stata abbastanza lunga perché assorbito da vari impegni ho potuto lavorare alle dieci tavole che lo compongono non in maniera continuativa.
Ora, passata la sbronza di complimenti, condivisioni e retweet ho archiviato il tutto pronto per affrontare i prossimi impegni. Detta così nulla di strano e tantomeno deprimente come suggerisce il titolo di questo post, ma a ben guardare non tutto è rose e fiori.
Affrontiamo allora le cause che mi hanno portato ad una depressione post-parto del fumettista con una bella lista di quattro punti.
- La stagione. L’autunno è la mia stagione preferita, sarà perché ci cade il mio compleanno, perché si vendemmia, si mangiano i sughi e le castagne e le foglie mutano romanticamente colore, ma ciononostante è anche la stagione della morte. Sì lo so, detta così suona eccessiva ma così è. Quando si arriva al cambio dell’ora da legale in solare ormai è fatta, non faccio in tempo ad iniziare la giornata che è già finita e questo ai fini lavorativi non è molto stimolante.
- Lavorare da casa. Sulla carta è una figata perché mi alzo con calma, prendo le pause che voglio, ascolto la mia musica preferita e così via. In verità è una lotta contro me stesso e chi vive sotto il mio stesso tetto. La possibilità di cadere vittima di un rammollimento psico-fisico è altissima perché gli unici stimoli ai quali sono sottoposto sono la bacheca di facebook piena zeppa di esternazioni tanto inutili quanto irritanti ma assolutamente indispensabili e le grida da indiano cheyenne prodotte da mio figlio duenne tra un “Papà, vieniiiii!” e l’altro. Persino la mia igiene personale ha subito un vero tracollo dimostrato dal fatto che passo la giornata con lo stesso abbigliamento con cui vado a letto (naturalmente gli abbinamenti di colore sono ormai un lontano ricordo) e la rasatura della barba è evento occasionale così come la doccia non più quotidiana (“tanto a lavorare a casa mica sudo…”).
- Il post-parto. Dopo la pubblicazione di un bel progetto che mi ha impegnato per molto tempo segue un inspiegabile periodo di bassa marea creativa che mi lascia infangato in uno stato semicomatoso dal quale nulla sembra risvegliarmi. La stessa sensazione di attesa infinita che prova il protagonista del Deserto dei Tartari di Dino Buzzati.
- La programmazione. Quando si tratta di iniziare a programmare qualche nuovo progetto, pensando a tutta la mole di lavoro che mi aspetta, vengo preso da un’apatia che mi porta ad imbracciare una delle mie chitarre e strimpellare qualche nota con una malinconia che neppure i migliori bluesmen del delta del Mississippi sono capaci di tanto. Ok, lo ammetto: sono un tiraculo doc.
Probabilmente sono queste le cause o forse non c’entrano una mazza, ma la realtà è che sto conducendo una vita da pensionato. Fare la spesa, pagare le bollette, cambiare i pannolini di mio figlio, cucinare e fare le pulizie sono diventate le mie attività principali. Tra un po’ inizierò pure a girare in bicicletta alla ricerca di qualche lavoro in corso lungo la strada da commentare borbottando.
Ora scusate ma devo andare a mettere su i broccoli con la vaporiera.